Ho imparato la vita da te, Morte - di Claudia Brigida Speggiorin





Ho imparato la vita da te, morte.

Ho bevuto angoscia dalle tue tette vuote, hai assistito al mio pianto inconsolabile con tutta la tua assenza, mi hai fasciata con gelide e disperate coperte quando chiedevo carezze, hai dato carne a tutti i miei fantasmi per non lasciarmi sola.

Ho imparato la vita da te, morte.

Mi hai cullata nella tua tomba e hai cantato tutti i latrati dello sgomento, hai aperto orridi nelle mie ferite e hai risposto al vuoto con tutto il vuoto di cui sei stata capace, pur di farti sentire nella mancanza.

Ho imparato la vita da te, morte.

Da quel filo che hai tagliato, da quel cordone che hai reciso.

Sia per te questa dolcissima e furiosa preghiera, senza piú altare, senza piú dei.

Sia per te questa mia voce viva di donna, piena di vuoto, rinata da un pugno di ceneri gettate nel vento.

Sia per te quest'ostinato sentimento senza morte che ancora mi muove nel mondo, tra la gente, a piedi scalzi, ribelle e dissidente, senza padroni né schiavi, scomoda e tanto amata, figlia tua, oh madre baldracca, tra tutte le creatrici la piú odiata e rinnegata, eppure l'Inevitabile.

Sia per te questo rancoroso e controverso grazie, terrificante volto oscuro, che mi hai ridata alla luce partorendomi dalle tue occulte e spettrali viscere.

Ho imparato la vita da te, morte.

Non sciupo questo dono aggrappandomi a un filo di certezza, ho imparato a ricucire brandelli di desiderio per dare un senso alla Speranza.

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