Maledetta di benedizioni

Di Claudia Brigida Speggiorin


Era tanto per dire

tutto quel dire.

Era fragile silenzio di mimosa

tra le sciabolate di primavera.

Era un cielo dissanguato al tramonto

goccia dopo goccia

piangente gioia, come i tuoi occhi.


Era tanto per dire

tutto quel dire.

Era tenero germoglio accovacciato tra le mani

l'ingenuo stupore sprovveduto di addii.

Era amore onnipotente

e l'incauta certezza di vivere per sempre.

Lunga promessa senza avvenire

mantenuta al passato

in un ritroso esilio che ha ancora il tuo nome.


Era tanto per dire

Tutto quel dire.

Era il dio controverso dall'intrepido volo

obbedimmo e lui ci ferì di ribelle dolcezza

insorgemmo e lui ci premiò con sconsolato dolore.

Era mito poetico di un eroe mai nato

rimasto feto imbalsamato nelle viscere di questo amore assassinato.


Abbiamo conosciuto l'irriducibile grazia

di una libertà che ancora mi ricatta.

Assillante presenza in un vuoto disperato

così pieno di vita tra echi di morte.

Era tanto per dire

tutto quel dire.

Era riflesso infranto di nostalgia futura

schegge immemori e senza ricordi, conficcate negli occhi

mutilazione inflitta da cieca bellezza armata di luce.

Era inconscio presagio di un pianto che a lungo avrei versato.


Ti sei perso senza congedo,

te ne sei andato, codardo di sorte, senza separarti da me

lasciandomi

maledetta di benedizioni

condannata alla gioia

punita da incommensurabile meraviglia tanto crudele.

Mi hai lasciata sola

per avermi tua per sempre

in una distanza che non ci ha mai allontanati.

Sempre. Mai.

Quant'è immaturo il cordone ombelicale del tempo

nutre d'illusione la speranza

soffoca il desiderio di bisogni.


Eppure è stato così tanto generoso il tuo egoismo

e così preziosa la tua spietata eredità

da rendermi regina d'amore, in questa mia miseria costellata di crisantemi.


Dormi ora, mio eletto

che ti sia di conforto questa disgraziata felicità.

Dormi ora, accanto alla tua fanciulla

amata con folle affetto

follemente ricambiato.

Che ti sia di conforto questa bianca bara bambina

scrigno di un tesoro rinvenuto

tra i poetici resti

di un corruccio ormai grato.

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