L'era dei pollici

Questa è l'era dei pollici.

Non è stata la prima, sapete, ma forse sarà l'ultima.

C'è stato un tempo, io c'ero, in cui gli uomini morivano per via di un pollice che puntava verso il basso. Era così facile, far spillare sangue umano con una piccola torsione del polso.

Persone che valevano nulla, con vite come carta straccia, potevano sentirsi simili agli dei per pochi istanti, il tempo di mandare a morte la creatura di carne e polvere sotto di loro.

I pollici avevano uno scopo preciso: impedire alla gente di riflettere, approfondire, formarsi opinioni. Ruotare il polso sostituiva il lavorio della coscienza, semplificava, riassumeva.

Eppure, quando sembrava impossibile, vi siete evoluti: i pollici sono scomparsi, sostituiti dalle letture, dalle conversazioni, dai pensieri.

Siete stati una grande civiltà, per un po'. 

Ma i pollici sono virus, li puoi curare, mai debellare.

I pollici sono nel vostro sistema immunitario come tante piccole sentenze di morte, in attesa di essere lette.

L'era dei pollici è tornata. 

Doveva accadere, prima o poi.

Oggi non vi serve pensare, vi basta stampare un pollice alzato per mandare a dormire la coscienza.

Dispensate pollici per far capire a qualcuno che siete con lui, anche se non sapete contro chi o a favore di cosa.

Piazzate pollici per dire che ci siete, che avete capito, che condividete.

Non vi serve leggere, non vi serve pensare.

Basta un pollice, costa ancora meno fatica di una volta: diverse centinaia di fibre muscolari dovevano accendersi, per darvi quel potere, oggi basta la pressione di un dito su un tasto.

Tutto più semplice, tutto più economico.

I pollici sono lapidi leggere che seppelliscono il nulla di cui siete fatti.

Mettete un pollice anche qui, tanto per non pensarci più.

Buonanotte, Stirpe.

                                                                                                                                       Caino